a cura dell’Avv. Francesco Cervellino
Con l’ordinanza n. 9286 del 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della validità delle conciliazioni sindacali di cui all’art. 411, comma 3, del Codice di procedura civile, riaffermando – a distanza di circa un anno dalla sentenza n. 10065/2024 – un orientamento rigoroso che pone l’accento sulla centralità della sede in cui si svolge la procedura conciliativa.
In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che la sede della conciliazione non riveste natura meramente formale, bensì funzionale, in quanto strettamente connessa alla garanzia dell’effettività dell’assistenza sindacale. La conciliazione perfezionata nei locali aziendali, pur in presenza di un rappresentante sindacale, non può ritenersi conforme ai requisiti richiesti dalla normativa per assicurare la genuinità del consenso prestato dal lavoratore.
Secondo la Cassazione, la tutela del lavoratore non è assicurata esclusivamente dalla presenza del soggetto sindacale, ma anche dal contesto spaziale nel quale avviene la conciliazione. La sede deve infatti rappresentare un ambiente idoneo ad escludere ogni possibile forma di condizionamento psicologico o pressioni, dirette o indirette, da parte del datore di lavoro. Pertanto, la stipula dell’accordo in locali aziendali è suscettibile di compromettere il principio della libera autodeterminazione del lavoratore, rendendo inefficace la garanzia di assistenza prevista ex lege.
Alla luce di questa interpretazione, si rafforza l’orientamento secondo cui la validità e l’inoppugnabilità delle conciliazioni sindacali dipendono non solo dalla corretta presenza delle parti e dall’intervento del sindacato, ma anche dalla scelta di un luogo esterno all’impresa, dotato di requisiti di neutralità e indipendenza.
La pronuncia in commento richiama l’attenzione degli operatori del diritto e delle imprese sull’opportunità – e ormai necessità – di svolgere le conciliazioni in sedi sindacali proprie, camere di conciliazione o luoghi diversi dai locali aziendali, onde evitare vizi di forma e di sostanza suscettibili di inficiare la validità dell’accordo e di riaprire il contenzioso.
15 aprile 2025