Le Novità in Materia di Riscatto dei Periodi di Lavoro senza Contributi: Analisi Giuridica e Operativa

a cura dell’Avv. Francesco Cervellino

La recente legge n. 203/2024 ha introdotto significative innovazioni nel sistema previdenziale italiano, in particolare per quanto riguarda il riscatto dei periodi lavorativi non coperti da contribuzione previdenziale. Tale intervento normativo mira a garantire una maggiore flessibilità ai lavoratori che si trovano a dover sanare lacune contributive, anche qualora sia già intervenuta la prescrizione dell’obbligo di versamento a carico del datore di lavoro.

L’oggetto della presente analisi è quello di esaminare i profili giuridici della nuova disciplina, evidenziandone gli effetti sul piano pratico per i lavoratori interessati.

Il Quadro Normativo di Riferimento

Ai sensi della normativa vigente, il recupero dei contributi non versati può avvenire attraverso tre diversi strumenti, a seconda del periodo intercorso dalla data in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato:

  • Recupero diretto da parte dell’INPS: se il lavoratore segnala l’omissione contributiva entro il termine prescrizionale di cinque anni, l’INPS può intervenire per il recupero coattivo nei confronti del datore di lavoro.
  • Costituzione della rendita vitalizia a carico del datore di lavoro: se sono trascorsi più di cinque, ma meno di dieci anni dalla prescrizione, il datore di lavoro può essere chiamato a sostenere l’onere del versamento. Nel caso in cui sia il lavoratore a farsi carico dell’importo, questi potrà agire per ottenere il risarcimento del danno.
  • Riscatto oneroso a carico esclusivo del lavoratore: qualora siano decorsi oltre dieci anni dalla prescrizione dell’obbligo contributivo, il lavoratore può richiedere la costituzione di una rendita vitalizia, con onere economico interamente a proprio carico e senza possibilità di rivalsa sul datore di lavoro inadempiente.

I Soggetti Beneficiari e le Condizioni per l’Accesso

La rendita vitalizia può essere richiesta nei casi in cui il soggetto tenuto al versamento contributivo non coincida con il beneficiario della prestazione pensionistica. Ciò riguarda specificamente:

  • Lavoratori subordinati;
  • Familiari coadiuvanti e coadiutori di imprese artigiane e commerciali;
  • Collaboratori di coltivatori diretti;
  • Iscritti alla gestione separata INPS (esclusi i professionisti);
  • Insegnanti di asilo e scuole elementari parificate appartenenti a enti privati.

Per poter accedere a tale meccanismo, il lavoratore deve produrre documentazione idonea a dimostrare l’esistenza effettiva del rapporto di lavoro e della relativa prestazione lavorativa. In particolare, l’INPS valuterà:

  • Libretto di lavoro e buste paga contenenti indicazioni relative a presenze, assenze e periodi retribuiti;
  • Lettere di assunzione, contratti di lavoro e transazioni conciliative giudiziali e stragiudiziali;
  • Estratti dei libri matricola e libri presenze, in originale o in copia autenticata.

Il Calcolo dell’Onere di Riscatto

L’importo dovuto per la costituzione della rendita vitalizia viene determinato sulla base di due criteri distinti:

  • Regime della riserva matematica: per i periodi di contribuzione fino al 31 dicembre 1995, si applicano le regole della capitalizzazione attuariale.
  • Regime contributivo: per i periodi successivi al 1° gennaio 1996, si utilizza l’aliquota contributiva vigente alla data della domanda, calcolata sulla retribuzione percepita nei dodici mesi antecedenti.

A differenza del riscatto degli anni di laurea, per questa forma di riscatto non è prevista una modalità agevolata di calcolo, rendendo l’operazione particolarmente onerosa. Tuttavia, in base ai più recenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate (Risposta 482/2020), l’importo versato per la costituzione della rendita vitalizia è deducibile dal reddito del lavoratore.

Le Verifiche dell’INPS e le Prove Ammissibili

Al fine di garantire la correttezza della procedura, l’INPS effettua un attento esame documentale, volto a escludere il rischio di riconoscimento di periodi lavorativi fittizi. In particolare:

  • Le buste paga devono riportare indicazioni dettagliate sulle settimane e sui giorni lavorati, affinché sia possibile individuare in modo inequivocabile l’omissione contributiva (Circolare INPS n. 78/2019).
  • Anche le sentenze giudiziarie vengono sottoposte a verifica: mentre il giudice può accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro con vari mezzi di prova, ai fini della rendita vitalizia è richiesto il supporto di documentazione certa e datata.
  • Le testimonianze sono generalmente ammesse, tranne nel caso del lavoro a domicilio, e vengono valutate con particolare prudenza, privilegiando le dichiarazioni del datore di lavoro e dei colleghi.

L’elemento essenziale richiesto dall’INPS è che l’esistenza del rapporto di lavoro sia certa e non semplicemente verosimile, motivo per cui dichiarazioni tardive e prive di supporto documentale non vengono prese in considerazione.

Riflessioni Operative

La nuova disciplina consente ai lavoratori di sanare eventuali lacune contributive, ma il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione comporta un onere finanziario rilevante, soprattutto in caso di richiesta tardiva. L’opportunità di accedere a tale strumento dovrebbe quindi essere valutata con attenzione, considerando sia il costo effettivo che i benefici in termini di accesso anticipato alla pensione o incremento dell’assegno pensionistico.

Sul piano operativo, appare fondamentale per i lavoratori raccogliere e conservare documentazione probatoria adeguata, evitando di incorrere in difficoltà nell’istruttoria della pratica. Inoltre, data la complessità delle verifiche INPS, il supporto di un consulente del lavoro o di un avvocato esperto in diritto previdenziale può rivelarsi determinante per una corretta gestione della richiesta.

La recente riforma conferma, ancora una volta, l’importanza della previdenza complementare e della pianificazione pensionistica, strumenti sempre più indispensabili per garantire una copertura adeguata ai lavoratori italiani.

27 febbraio 2025

Assenza Ingiustificata e Dimissioni di fatto

a cura dell’Avv. Francesco Cervellino

L’Assenza Ingiustificata e le Dimissioni di Fatto: Il Nuovo Regime Introdotto dalla Legge 203/2024.

L’introduzione della legge 203/2024 ha apportato significative modifiche alla disciplina delle dimissioni dei lavoratori dipendenti, risolvendo una problematica giuridica che, sino ad ora, aveva imposto alle imprese oneri ingiustificati e un’applicazione restrittiva del diritto. La normativa precedente, infatti, non consentiva di qualificare come dimissionario il lavoratore che abbandonava volontariamente il posto di lavoro senza completare l’iter telematico prescritto dall’articolo 26 del D.lgs. 151/2015. Tale rigidità interpretativa ha determinato l’obbligo, in capo al datore di lavoro, di ricorrere al licenziamento per giustificato motivo soggettivo, con il conseguente pagamento del contributo NASpI, pur in assenza di una condotta meritevole di tutela da parte del prestatore di lavoro.

Le Dimissioni di Fatto: Il Nuovo Quadro Normativo

Con l’entrata in vigore dell’articolo 19 della legge 203/2024, il legislatore ha inteso sanare tale anomalia, prevedendo che, in caso di assenza ingiustificata superiore al periodo stabilito dal contratto collettivo nazionale applicato (o, in sua assenza, pari ad almeno 15 giorni), il datore di lavoro possa considerare il rapporto di lavoro risolto per dimissioni di fatto. L’effetto risolutivo, in tal caso, avviene senza l’obbligo di corrispondere il ticket di licenziamento e senza consentire al lavoratore l’accesso alla NASpI.

Tuttavia, il riconoscimento delle dimissioni implicite non opera in via automatica, ma è subordinato a una procedura specifica, che ha inizio con la comunicazione dell’assenza all’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente per il luogo in cui si svolgeva il rapporto di lavoro. La norma non introduce, pertanto, un obbligo generalizzato per il datore di lavoro, ma una facoltà da esercitare in presenza delle condizioni previste dalla nuova disciplina.

Modalità di Comunicazione e Contenuto della Segnalazione

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025, ha fornito le prime indicazioni operative sulla nuova disciplina. In particolare, ha chiarito che la comunicazione deve essere inviata all’ITL territorialmente competente, preferibilmente tramite PEC, benché restino ammesse altre modalità di trasmissione, quali la raccomandata o la posta elettronica ordinaria.

Nel merito, la comunicazione deve contenere:

I dati anagrafici del lavoratore;

I recapiti, compresi quelli telefonici e di posta elettronica;

La descrizione dell’assenza ingiustificata e la sua durata;

Eventuali ulteriori elementi idonei a giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro.

Successivamente, il datore di lavoro dovrà formalizzare la cessazione del rapporto mediante il sistema telematico, utilizzando il modello Unilav, e indicare come causa della cessazione le dimissioni di fatto.

Il Ruolo dell’Ispettorato del Lavoro e le Possibili Contestazioni

La procedura non si esaurisce con la mera comunicazione del datore di lavoro. Gli organi ispettivi, infatti, sono chiamati a verificare la veridicità della dichiarazione, potendo acquisire informazioni da altre fonti, come colleghi di lavoro o soggetti terzi in grado di fornire elementi utili. L’accertamento dovrà concludersi entro 30 giorni dalla ricezione della segnalazione e, qualora emerga la non veridicità della comunicazione, l’ITL provvederà a dichiarare l’inefficacia della risoluzione del rapporto, con conseguente reintegrazione del lavoratore e ripristino delle sue prerogative contrattuali.

Un ulteriore aspetto da evidenziare riguarda la possibilità, per il lavoratore, di evitare la risoluzione del rapporto qualora riesca a dimostrare che l’assenza è stata determinata da una causa di forza maggiore o da un comportamento del datore di lavoro che ha impedito la comunicazione delle ragioni dell’assenza. In tal senso, l’onere probatorio ricade interamente sul dipendente, il quale dovrà fornire adeguata documentazione a supporto della propria tesi (ad esempio, certificazione medica che attesti un ricovero ospedaliero tale da impedire ogni forma di comunicazione).

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Il nuovo regime introdotto dalla legge 203/2024 rappresenta un significativo passo avanti nell’adeguamento della normativa lavoristica alle esigenze del mondo del lavoro, evitando che situazioni di abbandono del posto di lavoro possano tradursi in un costo ingiustificato per le imprese. Al contempo, la previsione di un controllo ispettivo garantisce una tutela bilanciata, prevenendo eventuali abusi e garantendo che la cessazione del rapporto avvenga nel rispetto delle effettive condizioni di fatto. È, pertanto, consigliabile che i datori di lavoro si dotino di protocolli interni chiari per la gestione delle assenze ingiustificate, al fine di garantire un’applicazione conforme della nuova disciplina e ridurre il rischio di contenziosi.

 

Contratto di locazione – difetto di forma

a cura dell’Avv. Francesco Cervellino

Nullità del contratto di locazione: restituzione dei canoni e limiti all’ingiustificato arricchimento


La recente ordinanza n. 32696/2024 della Corte di Cassazione affronta i risvolti giuridici della nullità di un contratto di locazione derivante dal difetto di forma scritta e dalla mancata registrazione. In particolare, si chiarisce il diritto del conduttore alla restituzione dei canoni versati e il diritto del locatore a sollevare l’eccezione di ingiustificato arricchimento, nei limiti della diminuzione patrimoniale subita.

Il principio della ripetizione dell’indebito

La nullità del contratto di locazione, sia per difetto di forma scritta sia per mancata registrazione, comporta la possibilità per il conduttore di agire per la restituzione delle somme versate a titolo di canone. Tale azione trova fondamento nella disciplina della ripetizione dell’indebito oggettivo ai sensi degli artt. 2033 e seguenti del Codice Civile.

La Cassazione chiarisce che tale principio si applica anche ai contratti a esecuzione continuata, come la locazione, nonostante la particolare disciplina prevista dall’art. 1458 c.c. in materia di risoluzione per inadempimento. Quest’ultima disposizione, infatti, sottrae detti contratti all’effetto retroattivo, ma la stessa non è estensibile al caso della nullità.

La tutela del locatore: ingiustificato arricchimento

Nell’ipotesi in cui il conduttore chieda la restituzione integrale dei canoni versati, il locatore ha la facoltà di eccepire l’ingiustificato arricchimento del conduttore, derivante dall’utilità goduta attraverso l’utilizzo dell’immobile.

Tuttavia, la Cassazione precisa che il credito del locatore per l’ingiustificato arricchimento deve essere liquidato nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dal locatore stesso. Tale diminuzione patrimoniale non coincide con il mancato guadagno che il locatore avrebbe potuto conseguire in presenza di un contratto valido, bensì corrisponde alla perdita oggettiva derivante dalla concessione in uso dell’immobile.

La decisione della Corte di Cassazione

L’ordinanza n. 32696/2024 ha parzialmente annullato la sentenza n. 2102/2024 della Corte d’Appello di Roma. Quest’ultima aveva negato la restituzione integrale dei canoni versati dal conduttore, ritenendo che ciò avrebbe comportato un ingiustificato arricchimento del conduttore stesso.

La Suprema Corte, al contrario, ha affermato che, in caso di nullità del contratto:

  • Il conduttore ha diritto alla restituzione dei canoni versati;
  • Il locatore può sollevare l’eccezione di arricchimento senza causa, ma nei limiti della diminuzione patrimoniale effettivamente subita, e non per l’intero ammontare dei canoni.

Implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione stabilisce un importante principio di diritto: il locatore non può avvalersi della nullità del contratto per trarre un vantaggio economico basato sul mancato guadagno teorico. L’equilibrio delle posizioni contrattuali impone una valutazione rigorosa della perdita patrimoniale subita, evitando soluzioni che possano ingiustamente arricchire una delle parti.

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La pronuncia della Cassazione n. 32696/2024 offre un’interpretazione chiara dei rapporti tra le parti in caso di nullità del contratto di locazione. Si riconosce il diritto del conduttore alla restituzione dei canoni versati, mentre il locatore, attraverso l’azione di ingiustificato arricchimento, può ottenere un’indennità calcolata sulla perdita patrimoniale effettiva e non sul lucro cessante.